Esempi di tripartizione della lezione d’epoca in diverse materie

Mirko Kulig

Fornirò ora alcune idee di come penso si possa applicare il concetto di tripartizione della lezione nelle varie materie partendo da esempi pratici. Se il concetto di esperimento è ovvio per la fisica e per la chimica, l’obbiettivo è di sviluppare pensieri riguardo a cosa possa essere un esperimento nelle altre materie scientifiche.

Fisica e chimica

Rimando agli scritti di Manfred von Mackensen per un esempio nell’ambito della fisica. Aggiungo solo che personalmente considero importante l’esecuzione nella fase 2 del disegno degli esperimenti da parte del maestro sulla lavagna e ricopiato dagli allievi. I ragazzi traggono grande beneficio nell’osservare come il maestro crei davanti ai loro occhi una rappresentazione dell’esperienza. Questo è soprattutto valido nelle medie. Ovviamente se il disegno è particolarmente complesso, può essere preparato prima della lezione, ma in base alla mia esperienza deduco che l’atto stesso di disegnare davanti ai ragazzi abbia grande validità pedagogica.

Un altro elemento con cui ho fatto buone esperienze, è il racconto nella fase 3 di “storie” prese dalla realtà relative all’esperienza fatta il giorno prima. Le storie piacciono a tutti, adulti compresi, e permettono di acquisire elementi che aiutano a collegare alla realtà più ampia i concetti appresi dall’esperimento.

Considerazioni simili valgono anche per la chimica.

Matematica

Cosa si intende per un esperimento matematico?

Si tratta qui di invertire l’impostazione classica. Per introdurre il concetto di “Disposizione semplice” nel calcolo combinatorio, normalmente si fa vedere la formula matematica generale, e si danno poi degli esempi.

In considerazione di quanto detto sin qui, si può pensare invece di proporre ai ragazzi un problema qualunque risolvibile con le disposizioni semplici (esperimento) su cui devono ragionare, darne poi un’appropriata rappresentazione (“quando abbiamo questa situazione, facciamo quindi in questo modo”), e il giorno dopo si fanno i ragionamenti necessari a giungere alla formulazione teorica generale (Dn,k = n • (n-1) • (n-2) • (n-3) •…. • (n-k+1)).

Geometria

L’esperienza di geometria è per sua natura sempre collegata con il disegno geometrico.

L’esperimento geometrico può quindi relazionarsi direttamente con la rappresentazione grafica. Anche qui è utile partire da un esempio preso dal mondo reale che può essere descritto attraverso un disegno geometrico che si esegue quale esperimento. Un riepilogo finale delle operazioni svolte insieme alle aggiunte artistiche (colori significativi) al disegno permettono di affinarne la rappresentazione. Il giorno dopo si elaborano i relativi concetti, arrivando per esempio alla stesura di un algoritmo di costruzione.

Geografia

Non ho ancora mai condotto un’epoca di geografia. Propongo quindi idee da verificare nella pratica.

Per la natura stessa della materia, l’esperimento geografico andrebbe fatto attraverso uscite. Non è ovviamente possibile, con l’attuale organizzazione delle scuole, fare uscite tutti i giorni solo per 2 ore. Sarebbe però pensabile, per esempio nella geologia, fare qualche prova con i diversi tipi di rocce (prove chimiche, prove fisiche). Osservare che tipo di rocce vengono utilizzate nelle case intorno alla scuola. Se si parla dei vulcani, si può introdurre il discorso con il racconto della storia di un’esplosione vulcanica vera. Forse raccontarne una diversa ogni giorno per descrivere i vari tipi di vulcani. In altre materie, ho constatato per esempio che i racconti dell’esperienza del maestro stesso hanno molto successo. Penso che questo sia innanzitutto perché avendo vissuto l’esperienza in prima persona, il racconto è più colorito. Inoltre, gli allievi sono generalmente interessati alla vita del maestro. La storia, se raccontata bene, fa sorgere le domande che poi possono trovare risposta nella spiegazione il giorno dopo.

Posso immaginare un decorso di questo tipo (esempio dei vulcani):

Fase 1: Si racconta dettagliatamente l’esplosione di un famoso vulcano di tipo esplosivo.

Fase 2 (il giorno stesso): si è precedentemente disegnato alla lavagna il vulcano di cui si è raccontato. Alternativamente (ma meno efficace!) si forniscono foto del vulcano in questione. I ragazzi disegnano il vulcano in maniera artistica sul quaderno.

Fase 3 (il giorno dopo): si fa il disegno in sezione e si spiega dove e in che modo sorgano vulcani di questo tipo. I ragazzi sono stimolati a raccogliere sul momento in forma scritta le osservazioni specificamente pertinenti a questo tipo di vulcano. Si procede poi nello stesso modo alla fase 1 con il racconto di un vulcano effusivo. E avanti così.

Potrà sembrare un po’ infantile per una IX classe (quando si studiano i vulcani). Personalmente, dai ricordi che ho, l’esperienza è l’elemento che si ricorda meglio. E tranne il fatto di andare personalmente con la classe su di un vulcano, non trovo un altro modo di far fare un’esperienza ai ragazzi in aula di classe. Un racconto, se fatto bene, è un’esperienza.

Ritengo poi che l’esperimento geografico debba essere sempre presente come idea di fondo quando si fanno uscite scolastiche, di qualunque genere esse siano. I ragazzi dovrebbero essere stimolati, durante le uscite, a fare osservazioni anche sui diversi tipi di paesaggio che incontrano.

Come detto però, queste sono solo idee che non ho mai messo in pratica.

Biologia

Non sono un biologo, ho quindi fatto pochi pensieri in merito a questa materia.

Si può comunque anche qui pensare di far fare ai ragazzi degli esperimenti in prima persona sull’occhio quando questo è il tema di studio. Similmente si può fare con altre parti del corpo. Un racconto può essere utilizzato per quegli organi difficilmente percepibili dal ragazzo (milza, fegato, ecc.).

Anche qui si può pensare di procedere con presentazione (attraverso esperimento/racconto) del nuovo argomento, seguita dalla discussione qualitativa e dal disegno. Il giorno dopo, spiegazione funzionale dell’organo in relazione al resto dell’organismo con raccolta di osservazioni pertinenti in forma scritta.

In tutti questi casi, gli esempi dati vogliono solo essere di carattere indicativo e bisogna adattare la tripartizione della lezione di caso in caso, di materia in materia e di maestro in maestro. Ritengo comunque che l’idea generale dovrebbe essere seguita il più fedelmente possibile.

Vorrei concludere questo capitolo con un esempio preso dalla vita reale che mette in evidenza il normale metodo di apprendimento che tutti preferiamo.

Supponiamo di essere un produttore video dilettante che acquista una videocamera professionale. Apro la scatola, tiro fuori la videocamera, la prendo in mano e ne osservo ogni dettaglio percependone il peso, la maneggevolezza, il design. Se le batterie sono già cariche (cosa comune al giorno d’oggi), la accendo, verifico il funzionamento con un paio di riprese di prova e controllo le varie funzioni. Vi sono poi dei pulsanti e delle funzioni che non conosco. Prendo il manuale per l’uso, identifico il pulsante tramite il confronto con il disegnetto schematico dell’apparecchio sul manuale, e poi leggo i dettagli del pulsante o della funzione. È alquanto inverosimile pensare che prima di tirare fuori la videocamera io legga tutto il manuale. Neppure l’utilizzatore più profano partirebbe direttamente dalla lettura del manuale lasciando l’apparecchio nella scatola. E se lo facesse, potrebbe ricominciare da capo quando prende in mano la videocamera, perché non può ricordare tutte le descrizioni a memoria che si riferiscono ad un oggetto che non ha ancora visto e toccato. In entrambi i casi, ci si vuole prima fare una rappresentazione dell’oggetto attraverso la percezione dello stesso.

I concetti già conosciuti mi permettono di utilizzare parte delle funzionalità dell’apparecchio sin da subito, i concetti sconosciuti devono prima essere identificati come tali. Una volta identificati, si procede nell’acquisire nuovi concetti dal manuale per espandere la nostra rappresentazione.

Il primo passo del processo di apprendimento consiste nella percezione dell’oggetto dell’apprendimento.