Il sistema ad epoche

di Mirko Kulig

Vorrei ora presentare alcune osservazioni e riflessioni personali riguardo al sistema di insegnamento ad epoche. Premetto che non ho letto tutto quanto scritto da Rudolf Steiner in merito. Le riflessioni si basano quindi sulla mia esperienza di insegnante e sulle mie osservazioni quale ex allievo di Scuola Waldorf.

Durante i miei studi, già in XI classe ho cominciato a notare che argomenti che erano stati trattati un anno prima in un’epoca (per esempio, biologia), quando venivano ritrattati in una nuova epoca, erano in qualche modo stati interiorizzati inconsapevolmente. Vi erano dei concetti di cui divenivo cosciente solo nel momento in cui si ritornava sull’argomento. Mi accorgevo di “sapere di più” ma non capivo perché. Per anni non sono riuscito a comprendere il meccanismo per cui le cose andavano in questo modo. Lo accettavo semplicemente come “una delle grandi trovate di Steiner”. Negli anni recenti poi, essendo diventato maestro, la domanda è risorta e penso di avere compreso alcuni dei meccanismi che determinano questo processo, e che ora esporrò.

Supponiamo che un allievo che non abbia ancora studiato il cuore, faccia l’esperienza di leggere un articolo che parli del cuore. Avendo una rappresentazione del cuore abbastanza generica, l’articolo determinerà la creazione di nuovi concetti in maniera limitata dalla rappresentazione generica che l’allievo ha. Per esempio se si parla di atri e ventricoli, l’allievo ne sentirà parlare per la prima volta. Creerà dei concetti iniziali di questi componenti del cuore, ma gli sfuggiranno altri concetti collegati alla conoscenza di questi componenti. Comprendere per esempio cosa sia una valvola cardiaca dipende dal fatto di conoscere la disposizione degli atri rispetto ai ventricoli, la loro funzione, il flusso del sangue, ecc.. I limiti di comprensione di una determinata realtà dipendono quindi dalle rappresentazioni che già abbiamo di quella realtà.

Supponiamo ora che un altro allievo che abbia già fatto l’epoca sul cuore legga lo stesso articolo. Avendo già una rappresentazione del cuore, questo allievo comprenderà molti più elementi dell’articolo. A loro volta, i nuovi concetti portati dall’articolo andranno ad inserirsi su di una rappresentazione già esistente del cuore, aumentando la comprensione complessiva dello stesso. Avviene un processo di autoeducazione, che rimane però parzialmente inconscio. L’allievo rinfresca e aumenta le sue conoscenze senza rendersene completamente conto. Ora è in grado di comprendere l’articolo molto meglio di prima di aver fatto l’epoca. Questa miglior comprensione permette la creazione di nuovi concetti.

A parte il fatto di rendere meno noioso l’insegnamento sia per il docente che per gli allievi, la trattazione di un argomento per 3-4 settimane ha permesso un’esperienza approfondita di una determinata realtà. Se il docente ha operato bene, si sono create delle rappresentazioni nuove, e si sono creati nuovi concetti su rappresentazioni già esistenti. Queste rappresentazioni dipendono solo in maniera marginale dall’infinita quantità di termini tecnici che si possono fornire (per esempio a biologia).

Con l’inizio di una nuova epoca si cambia ora argomento. L’allievo non pensa più agli argomenti dell’epoca precedente. Fa una nuova esperienza in cui forse prima o poi viene richiamata alla memoria una rappresentazione acquisita nell’epoca precedente. Questa rappresentazione già esistente si collega alla nuova rappresentazione trattata, accrescendo entrambe le rappresentazioni col nuovo concetto che le collega. La rete di concetti si arricchisce di un nuovo collegamento.

Lo stesso processo può avvenire anche nella vita di ogni giorno, in cui un’esperienza qualunque può richiamare alla memoria una rappresentazione elaborata a scuola.

Quando la rappresentazione di un elemento della realtà viene creata attraverso esperienze (per esempio, esperimenti) a scuola, ritengo che si mettano le basi per un reale apprendimento costante durante la vita. La “pausa” che intercorre tra un’epoca e l’altra sullo stesso argomento, permette che i concetti acquisiti si “fissino” nella visione del mondo dell’allievo attraverso la comprensione della realtà resa possibile da questi nuovi concetti. I nuovi concetti vengono “esercitati” e “confermati” nella vita di ogni giorno, diventando parte del modo di pensare. I nuovi concetti permettono nuove osservazioni e la visione del mondo del ragazzo diventa più precisa e dettagliata.

Un sistema scolastico basato su di un orario settimanale non favorisce questo processo per le seguenti ragioni.

Innanzitutto non permette di conoscere la materia come esperienza di vita perché nessuna materia viene trattata tutti i giorni della settimana. Studiando giornalmente 5-6 materie non si ha il tempo di crearsi la rappresentazione di un pezzo di realtà prima che si salti alla materia successiva. La nuova rappresentazione fatica di più quindi a fissarsi nella rete di concetti che compongono la visione del mondo perché in modo parallelo vi sono tanti altri nuovi concetti che vengono portati nelle altre materie. Non appena finisce una lezione la mente del ragazzo è occupata a cercare di comprendere nuovi concetti della prossima lezione. A casa studia poi ogni sera 4 materie.

Nella confusione generale che si crea nella mente del ragazzo, l’unico modo che rimane di fare un po’ di ordine è imparare a memoria le nozioni della materia, rimandando al liceo e all’università la creazione di rappresentazioni e concetti più affermati.

Questo porta al nozionismo globalmente diffuso oggi che non rappresenta però una reale comprensione del mondo, perché ritengo che contribuisca poco alla creazione di nodi nella rete di concetti e rappresentazioni che compongono la visione del mondo del ragazzo. Il processo viene svolto a fatica ed in modo incompleto solo dai “più bravi”.

Questo fatto è stato anche riconosciuto da un gruppo di docenti di scuola media statale ticinese (SOS Scuola), che si sono uniti per proporre una radicale modifica del programma di studi. La proposta include slogan come “fare meno per fare meglio!” e l’eliminazione di compiti a casa per tutta una serie di materie (come biologia, geografia, storia, ecc.) che il gruppo ritiene debbano essere trattate integralmente a lezione attraverso progetti, esperienze e ricerche.

A mio avviso quindi, per il ragazzo l’epoca deve essere l’immersione in un argomento che permetta di associare all’esperienza di insegnamento un’esperienza di vita. Per un mese i pensieri si concentrano principalmente su quell’argomento. Il maestro fornisce un nuovo strumento per descrivere e comprendere meglio la realtà. La fine dell’epoca e l’inizio di un nuovo argomento indicano che ora lo strumento è stato fornito, e può essere utilizzato attivamente dal ragazzo per permettere la creazione di nuovi pensieri (esempio dell’articolo sul cuore dato sopra) e confermare in questo modo la nuova conoscenza acquisita. In questo senso, l’eventuale test di fine epoca deve essere pensato e valutato con cura perché, se il docente ha operato secondo i criteri esposti in questi articoli, deve attendersi che la completa interiorizzazione della materia acquisita avvenga solo più in là nel tempo. È mia opinione che se si da troppa importanza alle nozioni, si dirottano le forze dei ragazzi dalla comprensione della materia alla sterile memorizzazione della stessa.