Insegnamento individualizzato

di Mirko Kulig

L’approccio pedagogico e didattico deve permettere a tutti gli allievi di trarre beneficio da tutte le lezioni. Questo significa che non può esistere un allievo che alla fine di un’epoca non ha compreso nulla, e non ci si deve neppure attendere che tutti gli allievi abbiano compreso tutto. Senza entrare nell’analisi delle ovvie differenze esistenti tra un allievo e l’altro determinate dai diversi talenti che ogn’uno possiede, si deve anche tenere conto del fatto che le rappresentazioni che ogni allievo ha formato durante gli anni riguardo ad una particolare realtà percepita, sono necessariamente diverse, personalizzate. Nel momento in cui gli allievi arrivano nelle classi superiori, i concetti che sono stati legati a quella particolare realtà percepita dipendono dai genitori, dal maestro di classe delle elementari, dai maestri delle medie, dalle esperienze fatte e dai concetti ed i sentimenti che l’allievo ha collegato da solo alla percezione in questione.

Il maestro dovrebbe cercare di seguire ogni allievo nel suo percorso di associazione delle nuove esperienze e dei nuovi concetti ai concetti ed alle rappresentazioni che l’allievo già possiede.

Nelle ore settimanali di matematica, basare il proprio insegnamento e la velocità con cui si procede solo sugli allievi più dotati è ovviamente sbagliato, come pure non si può andare alla velocità dell’allievo più lento, altrimenti gli altri si annoiano e la lezione ne viene disturbata. Bisogna quindi dare la possibilità agli allievi rapidi di procedere al loro ritmo, come pure seguire gli allievi più lenti nel tentativo di trovare metodologie diverse di esporre i concetti in modo che siano comprensibili anche per questi ultimi.

Spesso può essere un aiuto stimolare i più bravi a spiegare agli allievi meno dotati quello che non hanno compreso. Entrambi ne possono trarre grande vantaggio: i dotati perché devono trovare da soli parole e concetti per spiegare quanto compreso, i più deboli perché la rappresentazione data dai compagni può essere più comprensibile di quella data dal maestro. In questo senso ho fatto diverse esperienze molto positive.

La valutazione poi del singolo allievo deve essere personalizzata in base alla percezione che il maestro ha di ogni allievo. Questo approccio deriva dalla constatazione che, per esempio, un allievo non dotato in matematica che riesce in modo indipendente a fare la metà di un disegno geometrico complesso, ha dovuto impegnarsi molto di più di un allievo dotato per fare il disegno completo. Questa differenza non deve essere motivo di discriminazione per l’allievo meno bravo. Il docente deve imparare a conoscere e valutare ogni singolo allievo per le sue capacità, nella consapevolezza che sforzarlo a fare molto di più di quanto non sia realmente in grado di fare non porta ad un accrescimento delle sue capacità. Anzi, potrebbe determinare il sorgere di complessi e la conseguente associazione di sentimenti non positivi alla materia in cui ha difficoltà. Le conseguenze di questo fatto sono già state esposte nel capitolo precedente.

Sarebbe auspicabile che ogni docente abbia a coscienza le capacità, i talenti e la condizione emotiva e sentimentale di ogni allievo e che esse siano globalmente osservate e valutate. Solo in questo modo vi può essere una reale comprensione di ogni allievo e lo sviluppo conseguente di modi adatti di portargli la materia. Va inoltre tenuto in considerazione che proprio in questi anni le condizioni sentimentali e mentali di ogni allievo continuano a variare, e quindi l’immagine complessiva che il docente si è fatto deve essere dinamica.

In quanto ex allievo di scuola Waldorf, ho personalmente constatato la validità di questo approccio che ha permesso in passato agli allievi più deboli di arrivare alla fine del piano di studi anche se si sarebbe detto che “erano indietro”.

Un ragazzo che era in classe con me, tutto d’un tratto verso la fine della XII classe è fiorito ed ha mostrato di aver interiorizzato una buona parte di quanto sembrava che non avesse compreso negli anni precedenti.

In un altro caso, il ragazzo difficoltoso è poi riuscito ad andare all’università e ottenere un titolo di studio superiore che difficilmente avrebbe ottenuto in un sistema basato sulla valutazione omologata per tutti gli allievi.

Penso che la valutazione individuale degli allievi sia uno degli obbiettivi di una scuola Waldorf, soprattutto nelle classi superiori. Il fatto è anche molto apprezzato dagli allievi che non si sentono “un numero”, ma che sperimentano l’interessamento del docente riguardo la loro persona. Senza entrare nei dettagli, ritengo che questo atteggiamento da parte del maestro sia un grande stimolo allo sviluppo delle forze dell’Io dell’allievo.

È inoltre di somma importanza ricordare che, in quanto maestri, siamo al servizio degli allievi, e non il contrario. Il docente che si considera superiore all’allievo e che ne richiede il rispetto che lui stesso non è disposto a dargli, non sarà mai apprezzato e di conseguenza la qualità dell’apprendimento ne risentirà.

Studi psicologici e criminologici mostrano come generalmente un adulto porterà avanti, consapevolmente o inconsapevolmente, la realtà che ha vissuto da bambino e da giovane. Questo fatto si spiega molto facilmente: l’adulto non conosce un’altra realtà da implementare se non quella che ha vissuto, soprattutto da bambino e da ragazzo.

Ad un docente di scuola Waldorf viene quindi richiesto un grande sforzo per identificare gli atteggiamenti personali e di insegnamento che porta in classe e che hanno origine nella sua esperienza scolastica da giovane e da bambino. Questi atteggiamenti vanno valutati in modo critico ed eventualmente modificati alla luce di quanto esposto da Rudolf Steiner e altri. Il processo è molto lungo e può richiedere anni, ma non per questo va tralasciato.