L’esempio dell’elettricità

di Mirko Kulig

Nel programma di VII classe di fisica come proposto da Manfred von Mackensen, viene suggerito di introdurre con l’elettricità i concetti di tensione (Volt) e corrente (Ampère). Sono quindi indicati una serie di esperimenti che mettono in luce questi fenomeni.

Il modello di fisica classica prevede che la corrente elettrica sia il movimento di particelle subatomiche, gli elettroni, nel filo di rame. Vengono presentati dei disegni in cui gli elettroni, rappresentati come pallini, scorrono nel filo. Più tardi, al liceo e poi all’università, viene aggiunto che in realtà gli elettroni si muovono solo a 0.1 mm/s. Ma il campo elettrico si propaga comunque ad oltre 200’000 km/s. Sorge la domanda di come questo possa avvenire, e a domande di questo tipo anche all’università ricevevo risposte evasive. Ricordo lunghe discussioni dopo la lezione con il professore di fisica riguardo al modello con cui descriviamo i fenomeni elettrici, che a mio avviso non spiegava bene i fenomeni osservati. Il professore ha spesso convenuto con me che il modello andrebbe migliorato. Ma nel frattempo il modello si dava già per scontato e quindi l’importante era concentrarsi sulle formule, che funzionano. Altre volte la risposta rimandava alla fisica quantistica, che noi non studiavamo e quindi non potevamo capire.

Come maestro delle medie, io posso quindi spiegare il fenomeno come flusso di pallini. Quello che gli allievi non comprendono, lo rimando alle classi future. Al liceo arriva una nuova verità più dettagliata, che se non compresa rimanda all’università. All’università, se vi sono domande specifiche, si rimanda alla fisica quantistica che non si studia in tutte le facoltà.

In questo modo si presenta ai ragazzi un modello che non da’ indicazioni percepibili del fenomeno che osservano, e a cui devono quindi credere. Alla fine, tranne forse il fisico quantistico, nessuno comprende bene il fenomeno. E questo vale sempre di più per tutte le materie. Solo l’esperto è qualificato per conoscere realmente la verità. Ma solo nella sua specializzazione.

Ricordo bene la prima lezione di fisica all’università. Il professore ha spiegato di come esista la fisica classica (Newton) e la fisica quantistica. Ha poi detto che la fisica quantistica ha negato più o meno tutto quanto dice la fisica classica. Ha concluso dicendo che noi avremmo studiato solo la fisica classica. Io ho quindi domandato perché. Ha risposto che il modello classico è un’ottima approssimazione.

Spesso i modelli fisici che si spiegano vengono confutati più avanti nello studio. Per il fisico quantistico l’orbita dell’elettrone in un atomo è descritta come “la probabilità che in un dato punto si manifesti un dato fenomeno energetico”. Questa definizione differisce non poco dal pallino che ruota intorno al nucleo dell’atomo. Tutti quelli che non fanno studi superiori, non hanno la possibilità di farsi un’idea chiara e veritiera di cosa sia la corrente elettrica. Fornendo ai ragazzi una rappresentazione come quella dei pallini (elettroni) che non sperimentano nella loro esperienza, li obbligo a dover credere in me. Dove si differenzia questo modo di procedere da un dogma? Oltretutto, gli esperti di oggi dicono qualcosa di molto diverso da quello che si insegna nelle classi medie e superiori!

Torniamo all’esperimento di VII classe. Creo una batteria con dei vasetti, delle piastre metalliche ed un elettrolita. Collego la batteria ad una lampadina. Avviene qualcosa quando il circuito di celle e lampadina viene “chiuso” da cavi di rame. La lampadina si accende e le lastre di metallo nell’acido della batteria si corrodono (questo si può osservare nelle placche che si sporcano le une e si puliscono le altre). Concludo che l’amperaggio rappresenta quindi il duplice fenomeno di corrosione di alcune placche della batteria e dell’accensione della lampadina. Altri esperimenti permettono poi di osservare ulteriori fenomeni ed in base alle relative conclusioni formulate in modo analogo, si espanderà il concetto di corrente. Di più non posso concludere.

Si può chiaramente obbiettare che in questo modo non riesco a seguire il programma, che fuori dalla scuola Waldorf impareranno diversamente, ecc. ecc.

Il punto è che nelle scienze dobbiamo insegnare il metodo scientifico. Fornendo modelli e teorie non comprovate dall’esperienza dei ragazzi, impostiamo l’insegnamento della scienza in maniera dogmatica. I ragazzi, quando giungono all’università, si sono abituati a non fare domande per crearsi una loro rappresentazione del fenomeno e accettano i modelli e le teorie date perché sono abituati così dalle classi medie (e forse prima). Ho potuto personalmente constatare questo fatto all’università.

Penso che ogni scienziato converrà che in teoria questo è esattamente l’opposto del vero scopo dell’insegnamento della scienza.

Il vantaggio maggiore di un insegnamento fenomenologico sta’ nel fatto che attraverso l’esperimento, il ragazzo crea da solo una rappresentazione di un pezzo di realtà. Insieme al docente poi si arricchisce questa rappresentazione con considerazioni, riflessioni ed esempi. La rielaborazione dell’esperimento insegna inoltre un metodo di pensiero. In questo modo, anche tutti quegli allievi che non vorranno studiare meccanica quantistica, avranno una rappresentazione del fenomeno, nel nostro esempio, della corrente elettrica.

Aggiungo come nota personale che sono diversi gli esempi a mia conoscenza di allievi steineriani dotati per le scienze che hanno compiuto con successo studi superiori. Questo approccio non penalizza quindi lo studente.