L’esperienza di Tikal

di Mirko Kulig, 2002

La foresta si trovava ancora nella penombra mattutina, prima del sorgere del sole. Camminavamo lungo un piccolo sentiero, circondati dalla vegetazione più lussureggiante che io abbia mai visto. C’erano alberi altissimi con le radici diramate in tutte le direzioni, palme di mille specie diverse che competevano tra loro per la conquista della poca luce presente al di sotto delle fronde degli alberi, liane grosse come piccoli alberi pendenti dall’alto. Tutto intorno a noi riecheggiavano i suoni della giungla, con quel classico riverbero da cattedrale che la foresta possiede, donando grande sacralità al luogo. In lontananza si udivano i versi delle scimmie, dei tucani, dei pappagalli che talvolta apparivano come piccole scintille di luce con i loro colori sgargianti tra le fronde degli alberi ancora pallide dalla nebbia mattutina.

piramide nella piazza

Un rumore di foglie attrasse la nostra attenzione, e quando guardammo in alto, una piccola scimmia-ragno apparve tra i rami e, saltando da un albero all’altro scomparve entro pochi istanti nella fitta nebbia e nelle foglie. Ci eravamo alzati alle 4 di mattina per vedere l’alba nell’antica città Maya di Tikal, in mezzo alla foresta pluviale guatemalteca. Ad un tratto il sentiero fece una svolta e la foresta si diradò quel tanto da permetterci di intravedere qualcosa nella nebbia. Dapprima non era chiaro, appariva come una massa scura all’altezza delle fronde degli alberi, ma più ci avvicinavamo e più cominciò a prendere forma una costruzione piramidale dai lati molti inclinati. È difficile descrivere quello che provai in quel momento, un misto di stupore, misticismo, immensa gioia, voglia di correre verso quel residuo di antica saggezza mai eguagliata ai nostri giorni e mal compresa dalla nostra società.

piramide all’alba

Giunti alla base della piramide ci rendemmo conto che avevamo raggiunto il lato posteriore della costruzione, così dopo aver aggirato l’edificio, giungemmo in quella che viene chiamata la Grande Plaza. Il nostro stupore si trasformò ora in vera e propria eccitazione: davanti a noi si trovava un’altra piramide a tre gradoni, a destra un intero complesso di piccole piazzette a livelli diversi, sempre sullo stile piramidale; a sinistra un altro complesso religioso e dietro di noi la prima piramide che ci era apparsa dalla nebbia. Tutta la piazza era cosparsa da strani altari composti da una pietra circolare adagiata al suolo, dietro alla quale si trovava un monolito posto verticalmente, come un sorta di grande sedia, sul quale erano scolpiti i misteriosi glifi della civiltà Maya. Salendo sulla piramide a tre gradoni ricordo di aver vissuto ansia per l’attesa di arrivare in cima, e, giuntivi, si aprì ai nostri sguardi ed ai nostri cuori un mondo inverosimile, quasi irreale per la sua magnificenza e potenza vitale. Il sole stava ora sorgendo e, trovandosi quasi esattamente davanti a noi saliva molto vicino all’altra piramide, stagliandone i contorni in maniera indefinita grazie alla nebbia che ancora copriva la giungla. Miriadi di uccelli colorati volavano tutto intorno e cantando amabilmente sembravano dare il benvenuto al nuovo giorno. Uno strano mammifero simile ad un roditore di qualche specie attraversò la piazza, senza essere minimamente disturbato dalle altre persone che, come noi, erano venute in quel luogo magico e sacro a sperimentare la potenza della vita. 4 Trovandoci ora in posizione elevata, potevamo vedere la giungla circostante pullulare di altri templi di cui solo la sommità superava il livello delle fronde degli alberi. Talvolta erano chiaramente visibili, talaltra scomparivano per un po’ dietro un banco di nebbia per poi riapparire nella loro magnifica imponenza. Non erano necessarie parole. Come noi, le altre persone in cima alla piramide stavano in religioso silenzio o bisbigliavano ai loro amici sentimenti di meraviglia e profondo apprezzamento. Ricordo il commento di una persona: “this is life” (questa è la vita), e penso che nessun altra definizione poteva meglio adattarsi ai sentimenti che tutti quanti provavamo in quel momento: la mistica esperienza interiore del miracolo della vita!! In quel luogo, nessuna preoccupazione o paura aveva il potere di penetrare nelle nostre menti e nei nostri cuori, perché semplicemente non esisteva un posto nei nostri esseri dove queste emozioni avrebbero potuto radicarsi. Tutto era in cosmica armonia, e non si dovevano fare sforzi per fare fluire l’energia vitale di quel luogo nei nostri corpi. La piazza appariva dall’alto come un anfiteatro, che creava riverberi e risonanze da chiesa, facendo nascere in me il forte desiderio di cantare un qualche brano da chiesa. Ma anche questo veniva già eseguito dalle innumerevoli specie di pappagalli, tucani, fagiani, insetti, scimmie, roditori, che nell’insieme creavano una musica celestiale. Dopo aver trascorso non meno di un ora su questa piramide, ci dirigemmo verso la più grande piramide del sito, a circa quindici minuti di cammino nella giungla. Durante il percorso incontrammo un’altra piramide, che si elevava dalla giungla che ne ricopriva ancora i lati, lasciando intravedere tra le fronde il tempio sulla sommità. Altri monoliti di roccia con scolpite strane immagini si trovavano sul cammino, e ricordo che non passava minuto in cui almeno una persona del gruppo non dicesse: “questo posto è bellissimo”, cercando di trovare parole migliori per definire ciò che provava nel camminare in quella foresta piena di vita e di manufatti antichi e misteriosi.

dalla grande piramide

La più grande piramide del sito (ca. 62 m) aveva, come alcune altre, i lati ricoperti di vegetazione che non lasciava presagire la presenza di un edificio costruito dall’uomo. Una ripida scala di legno si inerpicava lungo le sue pendici per raggiungere la cima. Raggiunto il tempio sulla sommità, si aprì davanti a noi un panorama immenso e spettacolare. Dalla giungla spuntavano qua e la altri templi (almeno cinque), ancora parzialmente coperti dalla nebbia, ed in lontananza non si vedeva altro che foresta per quanto l’occhio potesse spaziare. Vi erano pure delle colline, che più tardi scoprimmo essere complessi di templi non ancora liberati dalla vegetazione. Il tempo era nuvoloso, e penso che questo fatto donasse al tutto ancora di più un aria di antichità e mistero. Dalla grande piramide, che si elevava notevolmente al di sopra della giungla, si potevano osservare pappagalli che si nutrivano, scimmie che giocavano sugli alberi, dando a tutti noi quella profonda sensazione di libertà che esprimevano nelle loro attività quotidiane. Un’ altraparola che si potrebbe usare per definire il nostro stato d’animo è: PACE. Pace a tutti i livelli, corporeo, mentale ed emozionale. Dopo due ore di sosta su questa piramide, ci incamminammo nella foresta verso un altro complesso denominato il Mundo Perdido. Ricordo che nell’attraversare quel tratto di giungla, ci divertimmo a giocare a “Tarzan” appendendoci alle liane e cercando di rivivere le emozioni che gli animali di quel luogo vivevano tutti i giorni. Talvolta si poteva vedere tutto il terreno della foresta animarsi di una quantità pressoché indefinibile di formiche che ricoprivano tutto, terra e piccole piante. Queste diventavano ben presto preda di alcuni piccoli uccelli che letteralmente banchettavano saltellando sul suolo e beccando i piccoli insetti con sommo piacere e divertimento. Tutto era movimento, vita. Dietro una svolta del sentiero incontrammo un’intera famiglia di fagiani dai colori smaglianti e splendenti e con strane protuberanze sulla testa, al punto da farli sembrare provenienti da un altro pianeta. Non ci temevano, permettendoci di avvicinarci fino a pochi metri di distanza. Per noi abituati a dover fare molta attenzione quando si vuole avvicinare un animale selvatico, fu un immensa sorpresa constatare che in questo luogo neppure gli animali conoscevano la paura. Durante tutto il tragitto appariva saltuariamente qualche scimmia sopra le nostre teste, con quel tipico suono di vegetazione in movimento che causano nei loro spostamenti aerei tra le fronde. Ad un tratto cominciammo a intravedere tra le foglie una costruzione, che divenne chiaramente visibile man mano che ci avvicinavamo: si trattava di un’altra piramide ancora, ma questa volta con caratteristiche molto differenti da quelle finora visitate. Non possedeva un tempio sulla cima, i lati erano molto meno inclinati rispetto alle altre piramidi ed era stato fatto un buon lavoro di deforestazione e restauro sulle sue pareti a gradoni. Vicino a questa piramide se ne trovava un’ altra più piccola ma con il tempio in cima.

piramide tronca di tikal

Mentre ci trovavamo sulla piramide senza tempio incominciò a piovere, forzandoci dopo poco a scendere. La pioggia non dava segno di voler smettere, così dopo alcuni minuti proposi un esperimento ai miei compagni: visto che così comunque non potevamo continuare la visita, chiesi se erano d’accordo a spendere alcuni minuti per cercare di far tornare il sole. L’esperimento consisteva semplicemente nel “riempirsi” il più possibile di energia vitale (che non presentava alcun problema) e immaginarsi di irradiare poi questa energia nel cielo chiedendo di interrompere la pioggia. La cosa più importante però, consisteva nel non aspettarsi alcun risultato, ma nel mandare semplicemente un impulso di amore incondizionato verso la natura circostante. Diventare insomma una lampadina irradiante amore e vitalità, senza secondo fine altro che quello di ridare alla natura ciò che essa ci stava dando, modificando però questa energia secondo il nostro desiderio di continuare a visitare e sperimentare l’energia del luogo. L’esperimento ci occupò per circa dieci minuti, dopo i quali io andai un po’ a vagare nella foresta circostante (dove ovviamente pioveva un po’ meno). Dopo circa quindici minuti la pioggia diminuì, permettendoci di spostarci sulla seconda piramide dove potevamo trovare riparo all’interno del tempio stesso. Fu a questo punto che accadde la cosa più incredibile che io abbia mai sperimentato in vita mia: giunti sulla cima della piramide smise completamente di piovere e, entro circa altri quindici minuti, apparve un circolo di cielo azzurro sopra di noi, che perdurò per tutto il nostro soggiorno su questa piramide (circa due ore). Questo fatto ci fece andare letteralmente in estasi, e cominciammo a provare tutti quanti una felicità mai vissuta prima d’allora. Inoltre, essendo questo tempio secondario in bellezza rispetto a tutti gli altri, rimanemmo per la maggior parte del tempo quasi completamente soli sulla sua sommità, il che ci permise di sperimentare la forza incredibile che si trovava sull’altare nella stanza più interna del tempio. Il tempo sembrò fermarsi, la forte esperienza di vita che stavamo vivendo ci portò a livelli energetici mai raggiunti prima, la potenza di questa costruzione si svelò completamente ai nostri esseri a tal punto che nessuna spiegazione razionale avrebbe potuto esprimere in parole umane ciò che ci stava accadendo. Forse l’unica parole che possa lontanamente esprimere il nostro stato d’animo potrebbe essere Beatitudine. È incredibile come in questo stato si possa semplicemente stare lì, sulla piramide o sull’altare e VIVERE l’esperienza del momento senza porsi alcuna domanda e senza necessitare altro per stare bene. Inoltre intorno a noi continuava il movimento continuo di uccelli che volavano e cantavano, gruppi di scimmie che seguivano le loro strade aeree tra gli alberi in una sinfonia di suoni, colori e vitalità assolutamente paradisiaca.

A malincuore scendemmo dalla piramide per andare avanti, ma non fummo delusi: poco oltre si trovava un’altra piazza deliziosamente decorata con pochi alberi invasi da rampicanti di tutti i generi. Era tutta circondata da templi, ma la cosa più straordinaria era una fila di sette costruzioni perfettamente allineate che, malgrado fossero ricoperte parzialmente di vegetazione, esprimevano grande forza e pace. Ormai il nostro livello energetico vibrazionale era salito a tal punto che la semplice contemplazione di questi luoghi infondeva nei nostri cuori un amore e una pace immensa.

vegetazione nel mundo perdido

Eravamo perfettamente intonati con quella che doveva essere stata l’energia che i costruttori di questa città volevano irradiare nel mondo circostante quando eressero questi luoghi. Inutile dire che le varie spiegazioni “archeologiche” di questi luoghi ci suonavano come una musica asiatica suona all’orecchio di un occidentale: dissonante. Come può un sito così essere ridotto a semplici tombe di regnanti malvagi e tiranni, dimenticando tutta la magia che esprimono ancora oggi, semidistrutti, parzialmente ricoperti di vegetazione e così tanti anni dopo la loro costruzione? Il problema comunque non si poneva più, avendo avuto esperienze simili ma non così intense già in altri siti archeologici visitati durante il nostro viaggio. Dopo la piazza dei sette templi abbiamo visitato ancora altre piramidi e templi di cui tralascio la descrizione perché diventerebbe noiosa e ripetitiva. Siamo comunque tornati a Tikal due giorni dopo e abbiamo rivissuto le stesse emozioni e sensazioni.

La domanda ora è la seguente: cosa è accaduto allorché abbiamo interrotto la pioggia e aperto un cerchio di cielo azzurro sopra di noi? Si potrebbe obbiettare che sia stato un caso, ma a questa obiezione rispondo che abbiamo ripetuto l’esperimento altre volte dopo l’esperienza di Tikal, con risultati molto simili, anche se meno marcati. La probabilità che tutte le volte sia stato un caso è molto bassa, quindi bisogna presumere che qualcosa sia realmente accaduto in conseguenza alla nostra preghiera, meditazione, o in qualunque altra maniera si voglia definire. Gregg Braden, studioso di testi antichi e scienza moderna direbbe probabilmente che abbiamo usato quella tecnologia interiore di preghiera come viene insegnata sui testi antichi di tutte le religioni e che comprende come elemento fondamentale il sentimento. Anzitutto voglio fare due presupposti: il primo è che l’essere umano è stato creato “ad immagine e somiglianza” di Dio, e quindi possiede potenzialmente tutte le prerogative di fare ciò che abbiamo fatto; la seconda è che la vita si compone sempre di due elementi, uno è quello positivo dell’energia, l’altro è quello negativo della forma. Unendo forma ed energia si ha la vita. L’energia da sola continuerebbe a girare nello spazio senza mai concludere nulla, la forma da sola rimarrebbe solo forma senza acquisire movimento, caratteristica di tutte le forme di vita. Unendo le due si incanala l’energia in uno schema e si da vita alla forma. La vita è lo scopo di tutta la creazione, quindi se si riesce ad unire questi due elementi (e l’essere umano ne ha la capacità), niente diventa impossibile, perché la fonte dell’energia utilizzata è il creatore stesso, quindi nulla si potrà fare se non allo scopo di promuovere la vita. Nel nostro caso abbiamo unito i due elementi nella seguente maniera: provando un amore incondizionato per ciò che ci circondava abbiamo attinto direttamente all’energia divina dell’amore, l’abbiamo poi ridonata alla natura dandogli la forma del nostro pensiero, quindi una richiesta di interrompere la pioggia per continuare a sperimentare la bellezza del luogo. Il punto fondamentale è stato però di non avere aspettative sul risultato, quindi un sentimento di non imporre la nostra energia alla natura, ma semplicemente di entrare in sintonia con essa e diventare co-creatori con essa. Se la nostra richiesta non fosse stata possibile, semplicemente la pioggia non si sarebbe interrotta. L’importante è che anche in questo caso noi avevamo già ringraziato, e quindi sarebbe andato bene lo stesso. È come quando si prova il forte desiderio di fare un regalo a qualcuno. Il piacere nostro sta nel fatto di fare il regalo e rendere felice l’altra persona, quindi non ci si aspetta nulla in cambio. L’atto è completamente a se stante, senza la necessità di un ritorno per provare felicità. Questa esperienza dischiude una quantità immensa di possibilità che fino a poco tempo fa’ non avrei mai ritenuto possibili. La cosa più sorprendente è che, nelle condizioni giuste (che sicuramente si sono verificate nel nostro caso) non richiede alcuna fatica o preparazione di alcun genere. Bisogna semplicemente lasciare fluire all’interno di noi l’energia vitale che ci circonda e direzionarla con il nostro pensiero-forma verso un possibile risultato che ci auguriamo. Fatto ciò, si ringrazia per l’esperienza che ci è stato possibile vivere e si distoglie l’attenzione dal problema, continuando ad ammirare e vivere la magnificenza del miracolo della vita. Penso che il tutto si possa riassumere nella frase biblica: “Chiedete e vi sarà dato”, che sembra proprio essere una massima reale visto che l’abbiamo vissuta in prima persona. Ovviamente non in tutti i luoghi c’è un energia così forte come nel luogo in cui ci trovavamo noi, e sicuramente questo fatto ha facilitato molto l’esperimento; ma ora penso che per provare una intensa pace interiore dobbiamo solo riuscire a ritrovare quella energia in qualsiasi luogo fisico ci troviamo, e questo, io penso, si può fare cercandola all’interno di noi stessi. Cosa si potrebbe realizzare se, per esempio, mille persone, tutte insieme provassero a fare un atto di questo genere? Io sono convinto che l’unica barriera effettiva alle cose realizzabili dall’uomo sia la nostra mente, e nient’altro!!

piramide principale