L’esperienza e le considerazioni di Rudolf Steiner sulle superiori

di Mirko Kulig

In questo articolo vogliamo dare una panoramica dei problemi che dovette affrontare Rudolf Steiner durante l’apertura della prima scuola Steiner nel 1919 e delle soluzioni che sviluppò allora per affrontarli. Questa presentazione non vuole essere una ricetta da applicare oggi, essendo cambiate le contingenze sociali, culturali e burocratiche, ma piuttosto un’indicazione del tipo di pensieri che possono fornire spunti per affrontare in modo adatto ai tempi problemi simili che incontriamo oggi.

Come si desume da questi estratti di conferenze, Steiner tentò subito di creare dei “ponti” con la scuola statale già a partire dalle elementari[1]:

Abbiamo il principio di non togliere ai bambini la possibilità di inserirsi nella vita come essa è oggi. Da ciò io stesso ho stabilito la regola che viene seguita specialmente nei punti più importanti nel miglior modo possibile: Ciò che dobbiamo fare dal punto di vista pedagogico e didattico deve essere portato in modo tale che il bambino possa inserirsi nella vita evitando che gli si presentino difficoltà esteriori. Da ciò ho elaborato una forma di insegnamento che tiene conto di queste due cose. Noi insegniamo senza tenere conto di quali obbiettivi di insegnamento vengano stabiliti per le singole classi nelle altre scuole fino al nono anno di età, fino alla fine della 3a classe. Bisogna ovviamente avere un certo ambito di azione per poter soddisfare quanto segue dal riconoscimento dei veri bisogni del bambino e da cui deve derivare una vera pedagogia. Poi, dopo questo ambito di azione, bisogna fare il conto con tutto ciò che viene richiesto dalle leggi. Quindi nel nono anno di vita vogliamo avere il bambino in condizione di andare in qualsiasi altra scuola. Poi ci lasciamo nuovamente spazio fino al dodicesimo anno di vita, cosi da poter fare valida pedagogia durante questo periodo. Nel dodicesimo anno quindi ogni bambino può nuovamente andare in ogni altra scuola. E così deve essere anche dopo il quindicesimo anno di età e poi in seguito per la maturità. (R. Steiner, O.O. 298)[2]

E ancora:

Non avremmo avuto la possibilità di fondare la nostra scuola Waldorf se non avessimo fatto alcuni compromessi. All’inizio della scuola Waldorf avevo quindi elaborato un Memorandum per il ministero in cui dicevo: ci impegniamo a portare i ragazzi al nono anno in modo che possano andare in qualsiasi altra scuola; poi di nuovo col 12o anno e ancora al 14o anno. Ma negli anni in mezzo vogliamo avere completa libertà nella metodica. (R. Steiner, O.O. 304)[3]

In relazione al tema delle superiori ed all’apertura della prima IX classe nel 1920, Steiner disse[4]:

La fondazione di una IX classe ha veramente senso solo se prendiamo in considerazione la fondazione di una scuola superiore completamente libera.[5] (R. Steiner)

Riguardo agli esami di maturità, al convegno di Pasqua a Dornach nel 1923, disse:

Per un insegnamento ed un’educazione conformi alla natura può naturalmente sempre esserci solo la domanda: riesce l’uomo ad acquisire quel collegamento sociale nella vita come viene richiesto dalla natura stessa dell’uomo? Perché in fin dei conti sono anche questi uomini, coloro che vogliono fare l’esame di maturità, anche se le richieste sono in uno stile, come appaiono oggi, che è un errore. Ma vi è quindi la necessità di fare quello che non è giusto, se si vuole introdurre la pedagogia Waldorf nel senso delle richieste sociali odierne. Ne consegue che qualcuno che ispeziona oggi le classi superiori si dovrà dire: Si, non è tutto come sarebbe giusto farlo secondo la pedagogia ideale delle scuole Waldorf! Ma vi posso dare la garanzia: se facessimo tutto secondo ciò che si legge nella natura umana, e cioè se si cercasse il passaggio nei diversi rami della vita pratica, allora tutti boccerebbero gli esami odierni di maturità.[6] (R. Steiner)

Riguardo al 13° anno, in febbraio 1924 Steiner si espresse come segue:

Persone utili alla vita lo diventano senza maturità, perché quello che a loro serve per la vita lo trovano qui, e quelli che vogliono andare ad istituti superiori, possono tranquillamente utilizzare a tal fine un altro anno, appunto per istupidirsi un po’. Penso che possiamo osservare questo 13° anno come un anno di studio. Ma dobbiamo occuparci noi di fare in modo che lo riescano ad assolvere, perché non possiamo dare gli allievi ad un altro istituto. Dobbiamo da parte nostra separarlo un po’ dalla scuola Waldorf. Possiamo ingaggiare un insegnante per questo. Il collegio dei docenti dovrebbe essere rinforzato per questa 13a classe. Se si assumono persone, ed il collegio dei docenti sorveglierebbe la cosa, il progetto si potrebbe fare.[7] (R. Steiner)

E in settembre 1924 al collegio della scuola di Stoccarda:

Quest’anno – 1924/25 – non puntiamo su di un esame, e continuiamo con la pedagogia Waldorf. Non puntiamo su di un esame. E ci impegneremo l’anno prossimo per organizzare la preparazione. Avete sentito le discussioni oggi. Da queste si desume quanto fortemente questi giovani uomini siano legati alla scuola Waldorf. L’attuale XII classe lo sentirebbero molto poco affine alla sua anima, se dovesse già dare gli esami quest’anno. Dovremo pressarli in maniera nauseante. Gli allievi hanno però amore per i docenti e la scuola. Non la chiameremo allora 13a classe ma ‘classe di preparazione per la maturità’.[8] (R. Steiner)

E, sempre nel 1924:

Quando i nostri allievi dovettero terminare l’ultima classe, avevano bisogno di quanto segue. Affinché i giovani uomini trovassero il collegamento con la cultura morta – noi avevamo potuto dargli solo cultura vivente, ora dovevano trovare il collegamento con la cultura morta, e questo significa che dovevano dare gli esami di maturità. Abbiamo dovuto quindi strutturare l’ultima classe in modo che i nostri allievi e le nostre allieve potessero dare gli esami di maturità. Questo ha ostacolato completamente il nostro piano di studi, ed il collegio l’ha vissuto come qualcosa di molto difficile, il stare nell’ultima classe e dover orientare tutto il nostro piano di studi verso gli esami di maturità. L’abbiamo fatto. Quando visitavo la classe – da una parte non mi era facile, perché gli allievi sbadigliavano perché dovevano imparare quello che più tardi dovevano portare all’esame; dall’altra parte si voleva comunque includere qua e là qualcosa che non dovevano conoscere, ma che volevano sapere. Dovevamo sempre dire loro: Questo però non dovete dirlo all’esame. Questa è già una difficoltà. Poi è arrivato l’esame. È stato sopportabile. Ma nel collegio dei docenti e nelle riunioni noi avevamo – scusate se uso una parola triviale – il malessere da sbornia. Ci dicevamo: abbiamo fatto la scuola Waldorf; adesso che dovremmo incoronarla con l’ultimo anno scolastico, non possiamo attuare le nostre idee di come dovrebbe essere la scuola. Quindi, malgrado tutto ciò, abbiamo preso la decisione di seguire dettagliatamente il programma fino all’ultimo anno, la fine della 12a classe, e di fare la proposta ai genitori ed agli allievi di aggiungere poi ancora un anno in modo che gli allievi potessero dare gli esami. Proprio gli allievi e le allieve si sottopongono a ciò col più grande fervore, ed ora vogliono arrivare a tutto ciò che si intende e si vuole fare nella scuola Waldorf. Non abbiamo effettivamente incontrato obiezioni. L’unica cosa per cui siamo stati pregati è che ora i docenti di scuola Waldorf ricevano questa formazione per gli esami.

Si vede come sia difficile inserire effettivamente nella cosiddetta realtà di oggi quanto dovrebbe derivare dalla semplice conoscenza dell’uomo. Se non si è un sognatore che non ci si rende conto che bisogna contare con la realtà, allora le cose sono particolarmente difficili. E così abbiamo da un lato l’arte pedagogica, che vorrei dire dovrebbe essere qualcosa che viene naturalmente amato, all’interno del movimento antroposofico; ma il movimento antroposofico si trova anche con ingenti difficoltà nel generale ordinamento sociale odierno, se vuole realizzare ciò, proprio nell’amato ambito della pedagogia, di cui comprende l’interiore necessità. Anche questo deve essere osservato attentamente. (R. Steiner, O.O. 310)[9]

E per concludere questa panoramica, ancora alcune citazioni dal libro di Stockmeyer sulla necessità di dividere la classe in alcune materia qualora c’era l’interesse di fare gli esami di maturità:

In queste discussioni (28 ottobre 1922, n.d.a.) appariva come da un lato Rudolf Steiner insistesse nel cercare una forma di suddivisione delle lezioni di lingue in base a livelli di conoscenza – quindi possibilmente in maniera indipendente dalle classi -, dall’altro che per le classi superiori a partire dalla VII classe ci fosse una sorta di ramificazione parziale delle lezioni per quegli allievi che aspiravano ad una maturità ginnasiale da una parte, e per quelli che per la loro formazione professionale non necessitavano delle lingue antiche dall’altra. (E.A. Karl Stockmeyer)[10]

Poche righe sotto, Stockmeyer cita di nuovo Steiner:

Dobbiamo lavorare in direzione del fatto di portare i ragazzi a fare la maturità. E questo non può essere ottenuto in altro modo se non lasciandoli decidere se vogliono fare greco e latino, che viene fatto insieme ai genitori, o se vogliono fare francese ed inglese. – Visto che cominciamo francese ed inglese con la prima classe, non c’è dubbio che possiamo fare qualche ripetizione – delle lingue nuove – con gli allievi più vecchi che fanno greco e latino, se lo desiderano. Ma dobbiamo fare questa divisione.[11] (R. Steiner, ottobre 1922)

Circa due settimane dopo, in novembre 1922 venne stabilita la biforcazione delle superiori nel seguente modo:

Coloro che desiderano fare la maturità umanistica, devono rinunciare all’inglese. Se non vogliono rinunciare all’inglese, allora devono rinunciare all’umanistico.

[…]

Facciamo allora così: fino alla fine dell’VIII classe facciamo greco. Nelle classi V, VI, VII e  VIII facciamo latino e greco insieme quali materie obbligatorie per il piano di insegnamento Waldorf, ma diamo la possibilità ad alcuni allievi di non fare queste materie perché i genitori non gli danno importanza… Dalla IX classe subentra la ramificazione, o greco o inglese.[12](R. Steiner)

Dagli estratti citati fin qui, possiamo quindi desumere (senza prenderli quali ricette) i seguenti elementi:

  • Steiner dava molta importanza al fatto di permettere agli allievi di avere passaggi ad altri istituti, cercando al contempo di mantenere il più intatto possibile il piano di insegnamento steineriano.
  • Onde raggiungere questo scopo, aveva valutato e poi realizzato un 13° anno di scuola in cui gli allievi venivano specificatamente preparati per la maturità. Questa opzione si era mostrata più salutare per gli allievi che non iniziare già in XII classe a preparare gli allievi per la maturità.
  • Onde preparare gli allievi alle materie specifiche degli esami di maturità, Steiner aveva cominciato a separare gli allievi interessati al titolo in alcune lezioni già a partire dalla IX classe.

[1]              Le traduzioni in italiano del presente capitolo sono state fatte per questa sede da M. Kulig e possono non rispecchiare, laddove disponibili, le traduzioni ufficiali.

[2]              Wir haben ja durchaus das Prinzip, den Kindern nicht etwa die Möglichkeit zu nehmen, sich in das Leben, wie es heute einmal ist, hineinzustellen. Daher ist von mir selbst der Grundsatz aufgestellt worden, und der wird ja durchgeführt, insbesondere in den wichtigsten Punkten so gut es nur eben geht: Dasjenige was wir tun müssen von pädagogischen und didaktischen Gesichtpunkten aus, das muß damit vereinigt werden, daß das Kind auch so ins Leben hineingeführt wird, daß ihm äußerlich keine Schwierigkeiten erwachsen. Daher ist von mir ausgearbeitet worden eine Art von Lehrverfassung, die diesen beiden Dingen Rechnung trägt. Wir unterrichten ohne Rücksicht darauf, welche Lehrziele für die einzelnen Klassen in den anderen Schulen zunächst für die Kinder bis zum neunten Lebensjahr, bis zum Absolvieren der dritten Klasse aufgestellt sind. Nicht wahr, man muß einen gewissen Spielraum haben, damit man in ihm das, was aus einer wirklichen Erkenntnis der Bedürfnisse des Kindes folgt, und was eine wirkliche Pädagogik fordern muß, erfüllen kann. Dann, nach diesem Spielraum, kann man dem Rechnung tragen, was nun heute einmal aus allerlei Untergründen und Gesetzen heraus gefordert wird. Also im neunten Lebensjahr wollen wir das Kind soweit haben, daß es in jede andere Schule übertreten kann. Dann wiederum lassen wir uns Spielraum bis zum zwölften Jahr, damit wir für diese Zeit ordentlich Pädagogik treiben können. Im zwölften Jahr kann also wieder jedes Kind in eine andere Schule übertreten. Und so soll es auch wiederum sein nach dem fünfzehnten Lebensjahr und auch weiterhin bis zum Abitur.

[3]              Wir hätten ja gar nicht die Möglichkeit gehabt unsere Waldorfschule zu begründen, wenn wir nicht auf gewisse Kompromisse eingegangen wären. Ich habe daher gleich beim Beginn der Waldorfschule für das Ministerium ein Memorandum ausgearbeitet, worinnen ich gesagt habe: Wir verpflichten uns, die Kinder mit dem neunten Jahre so weit zu haben, daß sie in jede andere Schule übertreten können; dann wiederum mit dem zwölften Jahr und wiederum mit dem vierzehnten Jahr.

[4]              I seguenti riferimenti sono presi da “Angaben Rudolf Steiners für den Waldorfschulunterricht”, E.A. Karl Stockmeyer,

[5]              Einen wirklichen Sinn hat die Begründung der 9. Klasse dann, wenn wir in Aussicht nehmen die Begründung einer vollständig freien Hochschule.

[6]              Für einen naturgemässen Unterricht und für eine naturgemässe Erziehung kann natürlich immer nur die Frage sein: erreicht der Mensch denjenigen sozialen Anschluss im Leben, der durch die Menschennatur selbst gefordert wird? Denn zuletzt sind das ja auch Menschen, die das Abiturienten-Examen fordern, wenn auch das Fordern in dem Stile, wie es heute eintritt, eben ein Irrtum ist. Aber man ist eben dann genötigt, nicht das Richtige zu machen, wenn man im Sinne dieser heutigen sozialen Forderungen nun gerade die Waldorfschulpädagogik einführen will. Daher wird natürlich jemand, der die obersten Klassen inspiziert, sich sagen müssen: Ja, da ist ja gar nicht alles so, wie es von der idealen Waldorfschul-Pädagogik gefordert wird! – Aber ich kann Ihnen die Garantie dafür geben: wenn das, was heute der Menschennatur abgelesen wird, namentlich wenn der Übergang in die praktischen Lebenszweige gesucht werden soll, durchgeführt würde, dann würden bein heutigen Abiturienten-Examen alle durchfallen.

[7]              Für das Leben brauchbare Leute werden sie ohne Matura, denn sie werden das, was sie für das Leben brauchen, ja hier finden, und die, die auf die Hochschule sollen, können ruhig ein weiteres Jahr dazu verwenden, eben etwas zu verdummen. Ich glaube man kann schon dieses 13. Jahr als ein Pauk-Jahr betrachten. Aber wir müssen schon selber dafür sorgen, dass es absolviert werden kann, denn an eine andere Anstalt können wir die Schüler nicht abgeben. – Wir müssen es unsererseits etwas trennen von der Waldorfschule. Wir können ja einen Pauker anstellen dazu. Das Lehrerkollegium müsste doch wieder vermehrt werden wegen der 13. Klasse. Wenn man dann Leute anstellen würde, und das Lehrerkollegium würde die Sache überwachen, – einrichten würde es sich schon lassen.

[8]              Dieses Jahr – 1924/25 – rechnen wir nicht auf ein Examen und führen die Waldorfschul-Pädagogik durch.Wir rechnen nicht auf ein Examen. Und wir werden uns bemühen, im nächsten Jahr selber die Vorbereitung zu gestalten. Sie haben ja heute die Unterredung gehört. Aus denen geht doch hervor, wir stark die jungen Menschen an der Waldorfschule hängen. Die jetzige 12. Klasse würde es als recht wenig ihrer Seele gemäss empfinden, wenn sie dieses Jahr schon das Examen machen sollten. Wir werden eine Presse auch ekelhaft müssen machen. Die Kinder haben aber doch die Liebe zu den Lehrern und zur Schule. Wir heissen sie dann nicht 13. Klasse, sondern, ‘Vorbereitung für das Abiturium’.

[9]              Als unsere Schüler und Schülerinnen zum ersten Mal die letzte Klasse zu absolvieren hatten, waren wir zu folgendem genötigt. Damit die jungen Menschen nun den Anschluß finden an die tote Kultur – wir hatten ihnen nur lebendige Kultur geben können, nun mußten sie den Anschluß an die tote Kultur finden, das heißt, sie mußten ein Abiturientenexamen ablegen so mußten wir die letzte Klasse so gestalten, daß unsere Schüler und Schülerinnen das Abiturientenexamen ablegen konnten. Das hat aber unseren Lehrplan ganz durchkreuzt, und wir empfanden es in der Lehrerschaft als etwas ungeheuer Schwieriges, in der letzten Klasse so zu stehen, daß wir unseren ganzen Lehrpian auf die Examensarbeit hin einrichten mußten. Wir haben es getan. Wenn ich die Klasse besucht habe – es war mir wirklich gar nicht leicht, denn da gähnten die Schüler auf der einen Seite, weil sie lernen mußten, was sie im Examen später kennen mußten; auf der andern Seite wollte man dann manchmal etwas einfügen, was sie nicht zu kennen brauchten, aber was die Schüler wissen wollten. Da mußte man ihnen immer sagen: Das müßt Ihr aber nicht beim Examen sagen. -Es ist schon eine Schwierigkeit. Und dann kam es zum Examen. Es ging leidlich ab. Aber wir hatten – verzeihen Sie, wenn ich das triviale Wort gebrauche – im Lehrerkollegium und in den Lehrerkonferenzen den Katzenjammer. Wir sagten uns: Nun haben wir die Waidorfschule eingerichtet; jetzt, wo wir sie krönen sollten durch das letzte Schuljahr, da können wir unsere Intentionen, das, was die Schule sein sollte, nicht durchführen. Und so haben wir dann trotz alledem den Beschluß gefaßt, bis zum letzten Schuljahre, bis zum Ende der 12. Klasse streng den Lehrplan durchzuführen und daneben den Eltern und Schülern den Vorschlag zu machen, nachher noch ein Jahr dranzustückeln, damit die Schüler dann ihr Examen machen können. Namentlich die Schüler und Schülerinnen unterziehen sich diesem mit der größten Hingabe, daß sie wirklich nun mit dem, was in der Waldorfschule intendiert, gewollt wird, auskommen wollen. Wir haben eigentlich keinen Widerspruch erfahren. Das einzige, worum wir gebeten wor­den sind, ist, daß nun Waldorfschullehrer diese Trainierung zum Examen vornehmen sollten.

                Man sieht, wie schwierig es ist, etwas, was aus bloßer Menschen­erkenntnis hervorgehen sollte, tatsächlich in die heutige sogenannte Wirklichkeit hineinzustellen. Wenn man kein Phantast ist, der das nicht einsieht, daß man mit der Wirklichkeit rechnen muß, dann hat man es erst ganz besonders schwer. Und so steht auf der einen Seite, ich möchte sagen als etwas, was selbstverständlich geliebt wird, die pädagogische Kunst innerhalb der anthroposophischen Bewegung drinnen; so steht aber wiederum die anthroposophische Bewegung mit ungeheuren Schwierigkeiten in der allgemeinen heutigen sozialen Ordnung drinnen, wenn sie dasjenige verwirklichen will, gerade auf dem geliebten Gebiete der Pädagogik, wovon sie die innerste Notwendigkeit einsieht. Auch das muß lebensvoll ins Auge gefaßt werden.

[10]             In diese Erörterungen spielte hinein einerseits, dass Rudolf Steiner aufs beharrlichste eine Form für die Gliederung des Sprachsunterrichts nach Kenntnissstufen – also möglichst unabhängig von den Klassen – suchte, andererseits, dass er für die Oberklassen, beginnend mit dem 7. Schuljahr, eine partielle Gabelung des Unterrichts suchte für solche Schüler, die das Gymnasial-Abitur anstreben, einerseits und für diejenigen die für ihre Berufsausbildung die Alten Sprachen nicht brauchen, andererseits.

[11]             Wir müssen darauf hinarbeiten, dass wir die Kinder dahin bringen, ein Abiturium bestehen zu können.Und das ist nicht anders zu erreichen, als dass wir sie entscheiden lassen darüber, ob sie Griechisch und Lateinisch haben wollen, was mit den Eltern im Zusammenhang gemacht wird, oder ob sie Französisch und Englisch haben wollen. – Da wir Französisch und Englisch beginnen mit der ersten Klasse, ist es zweifellos, dass wir irgendetwas zur Wiederholung – der Neueren Sprachen – tun können bei den älteren Schülern, die Griechisch und Lateinisch haben, wenn es gewünscht wird. Aber diese Gliederung müssen wir vornehmen.

[12]             Diejenigen, welche darauf Anspruch machen, humanistische Matura zu machen, die müssen auf Englisch verzichten. Wenn sie nicht verzichten wollen auf Englisch, dann müssen sie auf das Humanistische verzichten. […] Machen wir es dann so. Bis zur vollendeten 8. Klasse Griechisch. In der 5., 6., 7., 8. Klasse machen wir Latein und Griechisch zusammen obligatorisch für den Waldorfschulplan, nur geben wir die Möglichkeit, dass diese Gegenstände von gewissen Schülern weggelassen werden, weil die Eltern keinen Wert darauf legen […] Von der 9. ab würde die Gabelung eintreten, entweder Griechisch oder Englisch.