Società semplice dei docenti o impiegati dell’associazione?

di Mirko Kulig

Sul portale del governo svizzero per le Piccole e Medie Imprese, alla voce Società Semplice si legge:

La Società Semplice è la forma più semplice tra le società di persone. Si tratta di un contratto col quale due o più persone si riuniscono per conseguire con forze o mezzi comuni uno scopo comune.

E poco più avanti:

In fatto di responsabilità, infatti, questa forma di società nasconde qualche insidia: infatti, i soci sono responsabili in maniera solidale e illimitata per gli impegni dell’intera società. Una limitazione della responsabilità ha luogo solo se un socio agisce esplicitamente in nome proprio.

Nel senso indicato dalla definizione, è quindi sensato e logico che quando la nostra scuola è stata fondata i membri del collegio si siano riuniti in una società semplice. Questo è anche allineato con quanto ci dice Steiner.

Considerato che, come si legge sopra, i soci sono responsabili in maniera solidale e illimitata per gli impegni dell’intera società ((questo significa che ogni errore, ogni ritardo, ogni lacuna di un membro ricadono, come responsabilità, su tutti i membri) quali sono col regolamento attuale i requisiti fondamentali per cui una simile società possa realizzare lo scopo comune?

Secondo la nostra opinione, prevede che tutti i suoi membri siano degli uomini pienamente liberi, o individualisti etici (cfr. Filosofia della libertà), infatti, in quanto individualista etico, io non agisco perché riconosco un signore al di sopra di me, o un’autorità esterna, o una cosiddetta voce interiore. Non riconosco alcun principio esterno al mio agire, perché ho trovato in me stesso la ragione dell’agire, l’amore per l’azione. Non esamino razionalmente se la mia azione sia buona o cattiva; la compio perché la amo. Essa diventa «buona», se la mia intuizione immersa nell’amore è inserita giustamente nel contesto universale da sperimentare per intuizione; diventa «cattiva» se non è così. (Filosofia della libertà).

Quindi, una Società Semplice ideale di persone moralmente libere, non necessita di regolamenti e sanzioni perché La differenza fra me e il mio simile non consiste affatto nella circostanza che noi viviamo in due mondi spirituali del tutto diversi, ma che egli riceve intuizioni diverse dalle mie da un comune mondo di idee. Egli vuole esprimere le sue intuizioni, e io le mie. Se veramente attingiamo entrambi dall’idea e non seguiamo alcun impulso esterno (fisico o spirituale), possiamo incontrarci unicamente negli stessi sforzi, nelle stesse intenzioni. Un malinteso morale o un urto sono esclusi fra uomini moralmente liberi.

E

L’uomo libero vive nella fiducia di appartenere come l’altro uomo libero a un unico mondo spirituale, e di incontrarsi con lui nelle sue intenzioni. L’uomo libero non pretende dal suo simile un accordo, ma se lo attende perché esso è nella natura umana. (Filosofia della libertà)

Ma Steiner subito aggiunge Chi di noi può dire di essere davvero libero in tutte le sue azioni?

Ne deriva che chi vuol conoscere la natura del volere umano deve distinguere fra la via che porta il volere fino a un certo grado dell’evoluzione e le caratteristiche che il volere assume avvicinandosi a quella meta. Le norme hanno la loro giusta parte sulla via verso quella meta. La meta consiste nella realizzazione di scopi morali concepiti solo intuitivamente. (il grassetto è mio).

Purtroppo Nel volere singolo viene per lo più ad essere frammisto dell’altro a quegli scopi, oltre a impulsi e motivi. […] Che l’azione del delinquente, che il male venga chiamato un’estrinsecazione dell’individualità, nello stesso senso in cui si manifesta una pura intuizione, è solo possibile attribuendo gli istinti ciechi all’individualità umana. Ma l’istinto cieco che spinge a delinquere non proviene dall’intuire e non fa parte dell’elemento individuale dell’uomo, bensì di quanto vi è di più generico in lui, di quanto vi è di uguale in ognuno, e da cui l’uomo si affranca mediante il suo lavoro individuale. L’elemento individuale in me non è il mio organismo con i suoi istinti e i suoi sentimenti, ma il mondo unitario delle idee che risplende nell’organismo. I miei istinti e le mie passioni non significano altro in me se non la mia appartenenza alla specie generale «uomo»; la mia individualità è formata dalla circostanza che in quegli istinti, passioni e sentimenti si manifesta in un modo speciale un elemento ideale. Per i miei istinti e impulsi io sono un uomo, dodici dei quali fanno una dozzina; sono un individuo per la particolare forma dell’idea attraverso la quale mi designo come un io entro la dozzina. Per la differenza della mia natura animale solo un essere a me estraneo mi potrebbe distinguere da altri; distinguo me stesso dagli altri per il mio pensare, vale a dire per l’attivo afferrare dell’elemento ideale che si manifesta nel mio organismo.

Quindi, riassumendo, Steiner ci dice (e ogn’uno può verificarlo osservando il mondo e se stesso) che, seppur vi è un elemento ideale nell’uomo che può renderci tutti liberi, siamo ancora a gradi diversi governati da istinti, passioni e sentimenti, e questi fanno sì che Dell’azione del delinquente non si può quindi affatto dire che essa derivi dall’idea. Anzi, è proprio la caratteristica di azioni delittuose il loro derivare dagli elementi extraideali dell’uomo.

In quanto parzialmente governati da istinti, passioni e sentimenti, non siamo uomini pienamente liberi. Ne consegue che Allo spirito non libero le leggi relative a ciò che egli deve fare devono venir date in forma molto concreta: «Pulisci la strada davanti alla tua porta di casa!», «Paga le tue imposte in una determinata misura all’Ufficio delle Imposte di X!», e così via. Hanno invece forma di concetto le leggi che impediscono delle azioni: «Non rubare!», «Non commettere adulterio!». Leggi simili agiscono sullo spirito non libero anche soltanto attraverso l’indicazione di una concreta rappresentazione, per esempio quella della pena relativa, o del rimorso di coscienza, o della dannazione eterna, e così via.

A livello ideale, siamo tutti d’accordo che non si deve arrivare in ritardo alle lezioni, che si deve lasciare pulito e ordinato uno spazio comune, che le riunioni di collegio, in una Società Semplice autogestita, sono una necessità per programmare, creare coesione, intenti comuni e spirito di appartenenza. Nei fatti, spesso gli istinti, le abitudini e le estrinsecazioni di elementi estremi del nostro temperamento hanno un peso determinante e di conseguenza vi sono ritardi, disordine, mancanza di pulizia e mancanza di rispetto.

In quest’ottica, e onde poterci assumere la responsabilità di rinnovare con qualche possibilità di successo gli aspetti pedagogici della scuola, vi chiediamo di leggere e riflettere sulle norme e le sanzioni previste nella revisione del regolamento della Società Semplice. Queste norme e sanzioni non vanno viste come un’imposizione dall’alto, ma quale regolamentazione autoimposta onde conseguire con forze o mezzi comuni uno scopo comune. Le altre possibili vie sono tutte state percorse, e non hanno funzionato a dovere. Questo perché La natura fa dell’uomo un semplice essere naturale; la società ne fa un essere agente secondo certe leggi; un essere libero può farsi solo da se stesso (Filosofia della libertà). È quindi impensabile portare avanti una Società Semplice di docenti adottando un modello ideale che prevede persone pienamente libere, quando non siamo persone pienamente libere. Accettiamo la realtà di questo fatto e adeguiamo le nostre regole di conseguenza, nella coscienza che Le norme hanno la loro giusta parte sulla via verso quella meta. Questo nella speranza che forse tra qualche anno possiamo di nuovo stralciare dal regolamento tutte le sanzioni perché avremo raggiunto un grado di libertà individuale che le renderanno inutili. In quanto Società Semplice possiamo ancora darcele noi le norme. Se però questo dovesse essere vissuto come troppo difficile e non vogliamo assumercene la responsabilità, proponiamo di valutare seriamente se non sciogliere la Società Semplice e diventare semplici impiegati dell’associazione in modo che le norme ci vengano date dall’alto. Sarebbe sempre meglio che la situazione attuale di caos e anarchia.