Un esperimento di Cloudbusting nel Sahel


Salmossi, Burkina Faso, Febbraio 2001

 Mi trovavo nel villaggio di Salmossi, nel nord del Burkina Faso, in quella  sottile striscia di terra che separa il  deserto del Sahara dalle foreste tropicali africane e che  è chiamata Sahel.

Il Sahel presso Salmossi

 Ero assistente/accompagnatore di un gruppo di ragazzi  sedicenni europei decisi a “lavorare sul campo” nell’ambito di un progetto contro la desertificazione con un metodo sviluppato da un noto agronomo italiano. Il nostro lavoro consisteva nell’insegnare agli africani nativi della regione la tecnica di semina da adottare sul terreno trattato con questo metodo, ma ancora di più nel sensibilizzarli sulla grande importanza che il loro lavoro può avere per garantire alle popolazione che vivono in queste zone di rimanere nei loro villaggi senza dover emigrare per mancanza di acqua. Come osservazione personale, posso dire che questo è il metodo convenzionale più efficiente ed economico che io abbia visto per una effettiva lotta contro l’avanzare del deserto. Fatto sta che io allora avevo appena finito di studiare i libri di Reich che trattano le operazioni e le teorie del  Cloudbusting, quindi per tutto il periodo che siamo stati presso il villaggio di Salmossi (circa 2  settimane) ho attentamente osservato l’ambiente ed il clima per meglio comprendere le dinamiche che portano una regione a diventare desertica (e quella zona è ormai ad alto rischio di  desertificazione).

Il villaggio di Salmossi

L’ultima sera prima di lasciare il villaggio non ho più resistito alla tentazione, e ho quindi deciso di fare un esperimento di cloudbusting. I mezzi a disposizione erano molto scarsi, ma gli elementi principali c’erano: i tubi di ferro che utilizzavamo per seminare, una pozza di acqua di 1-2 mq. Ho semplicemente infilato i tubi (circa 20-25) della lunghezza di 1.5-2 m nella pozza rivolti allo zenith. Erano le 17.30 di sera. Le prime osservazioni sono state: una crescita della copertura nuvolosa, con una zona libera da nuvole esattamente sopra di noi. Quando è diventato buio (circa le 18.30) abbiamo constatato che quella sera non avremmo potuto, come le altre sere, osservare le stelle e le costellazioni: il cielo era quasi completamente coperto. Da notare il fatto che, anche se il cielo era spesso leggermente annuvolato durante il giorno, la sera si liberava sempre permettendoci di fare le nostre osservazioni stellari. Quella sera invece le nuvole sono rimaste anche con l’avvento dell’oscurità. Visto che era l’ultima sera, intorno al nostro campo c’era un gran viavai di gente (locali e non) in previsione della festa conclusiva. Non veniva quindi data molta attenzione ai tubi che spuntavano dalla pozza, anche perché avevo già informato i ragazzi e gli altri accompagnatori dei miei studi sulle teorie di Reich. Un gruppo di ragazzi particolarmente interessato all’argomento ha collaborato con me nella messa in posa del nostro primitivo CB. Non appena i ragazzi hanno visto il cielo annuvolarsi sono effettivamente entrati in uno stato di eccitazione, che a stento sono riuscito a ridimensionare indicando la serietà dell’esperimento e le possibili conseguenze.

Il primitivo cloudbuster di Salmossi

 Il dispositivo è rimasto montato circa fino alle 2 del mattino e durante tutto questo periodo ho regolarmente versato bicchieri di acque sui tubi (ricordo che secondo Reich la potenza di un CB aumenta se l’acqua è in movimento). Sono state fatte le seguenti osservazioni: due persone adulte del gruppo hanno riportato una maggiore respirabilità dell’aria, come se fosse aumentata l’umidità relativa. Purtroppo non ero in possesso di un igrometro, quindi non ho potuto confermare questo fatto con certezza, però voglio evidenziare che in quel periodo c’era un’umidità relativa sicuramente non superiore al 20% (basti pensare che un paio di pantaloni Jeans appena lavati impiegavano 1 ora e mezza ad asciugare completamente), quindi un aumento di umidità era subito percepito a livello corporeo come un sollievo. Durante tutto l’esperimento ho osservato fronti di nuvole avanzare ad intervalli regolari da sud-est i quali, giunti in nostra prossimità, perdevano consistenza (quest’osservazione è stata possibile basandosi sulla visibilità delle stelle). Ad un certo punto il cielo è rimasto completamente coperto per circa 30 minuti, e questo è stata la cosa più sorprendente. Inoltre, discutendo il giorno dopo con l’agronomo che pernottava nel vicino paese di Gorom-Gorom (a circa 20 Km) è venuto alla luce il fatto che anche in qull’area il cielo si era coperto la sera prima, con stupore dell’agronomo. Questo dà un indicazione di quanto estesa possa essere l’influenza di un’operazione del genere. La mia domanda più impellente, dopo l’esperimento, rimaneva: come è stato possibile ottenere dei risultati simili con pochi tubi ed una pozza d’acqua così piccola? Mi sono poi venuti in mente i pozzi d’acqua intorno al villaggio (9 in totale). È possibile che l’acqua della piccola pozza in cui ho infilato i tubi, filtrando attraverso il terreno, abbia creato un collegamento con la faglia acquifera sotterranea? Penso che questa sia la spiegazione più logica per giustificare degli effetti così notevoli con un apparecchiatura così misera. Si potranno sicuramente fare molte obiezioni sulla non scientificità di questo esperimento e relative osservazioni, e il mio scopo non era quello di fare un esperimento a prova di obiezioni; ma una cosa che posso garantire è che per tutte le persone presenti a conoscenza dell’operazione in corso, non vi sono stati dubbi che i fenomeni osservati erano conseguenza di essa. Il mattino seguente, dovendo partire per tornare alla capitale, ci siamo alzati verso le 6 e abbiamo constatato che in cielo c’erano ancora delle nuvole (altocumuli) che lentamente si sono dissolte col sorgere del sole.

Il primitivo cloudbuster di Salmossi