Una tripartizione dell’apprendimento

di Manfred von Mackensen

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FARE, SENTIRE, PENSARE

Prologo

Vogliamo delineare determinate fasi del fare lezione, partendo da un esempio non scolastico – ossia da una situazione della vita quotidiana. Ciò che avviene a scuola sarà quindi in un primo momento presentato da un accadimento non scolastico. Cerchiamo di suddividerlo in tre fasi, come segue:

Fase

Due persone vanno ad un compleanno. Tanti auguri! Tanta gente, tanto movimento…

II°

Fase

Sulla via di ritorno a casa ricordano i momenti principali e alcune persone.

III°

Fase

Il mattino successivo riflettono:

  1. In che rapporto stavano tra loro le persone e nei confronti del festeggiato?
  2. Quali novità hanno sperimentato?
  3. Come organizzerebbero loro un futuro compleanno? Cosa è importante per festeggiare un compleanno?

Possiamo dire che in questo caso ci troviamo veramente davanti a tre fasi? Esaminiamo ancora una volta attentamente cosa succede.

Per prima cosa semplicemente ci si immerge nello scorrere dei fatti (I). Si conosce gente, senza nemmeno pensarci troppo, si gode della compagnia delle persone con le quali ci si trova casualmente. In questa fase porsi delle domande o cercare di catalogare estranierebbe dalla situazione. – Poi, tutto quanto diventa solo un riecheggiare in comune (II); si è ulteriormente occupati con ciò che si è vissuto; nel fluire della conversazione i particolari si collegano da soli, senza che ci si pensi. I “momenti” della festa si delineano davanti agli occhi come un tutto unico, non rimangono un susseguirsi esteriore. Lo sgomento precedente si trasforma in profonda impressione, la gioia diventa interesse, il caos una successione ordinata di scene.

Ancora più tardi si procede a suddividere di nuovo tutto il vissuto e se ne discutono i nessi (III). Si esamina come una cosa stia in rapporto proprio a quest’altra, chi in un dato momento ha segretamente voluto o sofferto qualcosa, ecc. (a). Si cercano punti di vista, conoscenze (b). Infine si valuta, ci si interroga su cosa ne seguirà; e non da ultimo come personalmente si possa ricavarne qualcosa (c).

Qui possiamo vedere al lavoro i tre elementi del metodo, ancora prima di iniziare a parlare di lezioni scolastiche.

Esempio

1. Fare qualcosa personalmente (intraprendere, partecipare, fare esperienza) – la Fase I

Stiamo facendo lezione di fisica, forse in ottava classe e stiamo facendo esperimenti.

  1. I ragazzi di ottava escono a frotte dall’edificio scolastico. Si radunano attorno ad un tubo flessibile che giace in terra, la cui estremità però viene subito tirata su da una finestra a 12 m di altezza. Il tubo, meglio di un diametro di 3 cm in plastica trasparente, è tappato ad entrambe le estremità e riempito di acqua bollita, colorata, senza aria al suo interno. Ogni due metri porta un segno.

Figura 1: Un tubo flessibile con una tacca ogni 2 m pende da una parete dell’edificio, sulla seconda tacca a partire dal basso reca una bandierina con su scritto “2 m”; il secchio è pieno di acqua fino all’orlo.

  1. L’estremità inferiore del tubo viene immersa nel secchio pieno fino all’orlo, appositamente predisposto. Facendo traboccare l’acqua, l’insegnante afferra il tubo e, al grido di “1 , 2, 3”, toglie il tappo sott’acqua. In quell’attimo preciso l’acqua del tubo cade per alcuni metri nel secchio, ma, con grande meraviglia degli allievi, la maggior parte rimane “appesa”. Il livello dell’acqua oscilla intorno alla tacca dei 10 m. Mentre sopra, fino a circa 8 m, il tubo appare “schiacciato”:

(Figura 2: Sezione del tubo schiacciato all’altezza di 9 m, dopo che il livello dell’acqua è sceso a 10 m).

Un aiutante, che sta alla finestra, indica il livello dell’acqua nel tubo. Gli alunni contano le tacche dei metri a partire dalla superficie dell’acqua nel secchio colmo. Il loro numero rimane invariato anche quando la parte superiore del tubo viene spinta in basso o il secchio viene spinto all’insù….

  1. Se invece si arieggia brevemente la parte inferiore, in modo che ne fluisca circa 1 m d’acqua, ecco che l’aria che ne prende il posto sale sotto forma di bolle, le quali, salendo, si dilatano in larghezza, con la conseguenza che il livello dell’acqua si trova di alcuni molti metri più in basso.
  2. Togliendo il tappo superiore, il resto della colonna d’acqua piomba nel secchio, che trabocca nuovamente. Il tubo svuotato e buttato giù appare ora nuovamente rigonfio, cioè non più schiacciato come nella figura 2.

2. Ricordare tutti assieme – la Fase II

Una volta tornati tutti quanti in classe, l’insegnante caratterizza l’esperienza, rispondendo anche a qualche domanda, tuttavia senza dare spiegazioni. E lo fa in un tono personalizzato, con espressioni colorate “cosa abbiamo combinato qui…”. Così, ad esempio, l’insegnante, ricordando il tubo a terra evoca un senso di tranquillità, perché l’acqua era rinchiusa. Riferendosi poi al tubo appeso, suscita l’impressione che la situazione fosse in qualche modo in tensione, come se l’acqua dovesse uscire e bagnare qualcuno. E poi che per l’acqua nel secchio ci fosse come uno sbarramento… di acqua. Che cosa strana! Perché la discesa si arresta? (Cosa non sa il nostro maestro!). Si fa capire che c’è un mistero. E infine, con una mossa, ecco che il mistero dell’acqua appesa e del tubo deformato non c’è più!

Questo ripercorrere gli eventi da parte dell’insegnante dovrà essere carico di simpatia: per le cose, per l’evento e per tutti quelli che vi hanno partecipato. Nessuna domanda precisa, nessuna richiesta di spiegazioni. Bisogna abbandonarsi al fluire del discorso: come dopo una gita in montagna, nel rifugio, mentre si mangia. Ecco che si sviluppa un sentimento di comunità che suscita allegria e soddisfazione. Magari qualcuno fissa per iscritto alcune parole chiave, in modo che tutti interiorizzino quello che è successo. Magari alla lavagna si accenna un disegno simile a quello della figura 1.

Così in un primo tempo, nascono rappresentazioni collettive ancora non ben delineate, ma che si possono ora ricordare con chiarezza nella loro successione. Non si stimola però ancora la comprensione, né si introducono nuovi concetti. Si eviteranno o si metteranno da parte i giudizi oggettivi, come, ad esempio, le cause e gli effetti.

3. Discutere il fatto, riflettere – la Fase III

Il mattino seguente i ragazzi portano a scuola il disegno completato, assieme al loro personale resoconto dell’esperimento – che non dovrà in nessun caso seguire lo standard di una relazione. Per i dettagli sulla stesura si veda più avanti. Le rappresentazioni dello svolgimento dell’esperimento suscitate il giorno precedente si sono “sedimentate” (cfr. paragrafo 2). I momenti salienti vengono fatti riemergere da una breve ripetizione. A questo punto inizia l’elaborazione pensante dell’evento. Si pongono ora domande sui nessi, si portano chiarimenti e osservazioni più ampie; per esempio:

  • Forse che l’acqua del secchio poteva in qualche modo rallentare lo svuotamento?
  • Forse il tappo superiore poteva trattenere la colonna d’acqua dall’alto – senza fili tra la superficie del tappo e la superficie dell’acqua? In caso negativo:
  • Forse che l’acqua del secchio poteva reggere d sotto la colonna d’acqua? La dimensione del secchio è importante?
  • In che modo viene schiacciato il tubo? E perché non nella parte bassa?
  • Cosa c’è nel tubo al di sopra del livello dell’acqua?
  • Quanto grande si è mostrata la forza portante della pressione dell’aria, espressa in metri di colonna d’acqua? Quanti metri sarebbero stati se si fosse trattato di liquidi diversi (acqua salata, olio…)? La colonna d’acqua è la stessa in ogni punto della terra?
  • La temperatura dell’aria ha una qualche influenza? (certamente la pressione del vapore, che è di 23 millibar a 20°C, corrisponde quindi esattamente a 23 cm di colonna d’acqua. Questa precisione, però, non è da ottava classe).

L’importante è che in classe emergano opinioni, meglio se appassionate e contrarie tre loro. Quanto più sono originali e fantasiose, tanto più saranno stimolanti. Infatti solo così potrà emergere efficacemente che né l’acqua del secchio, né il tappo superiore esercitano alcuna forza che tiene il livello dell’acqua; o che addirittura lo trattiene quando va verso il basso; che invece qui è attivo qualcosa di invisibile, ossia “l’infinito mare d’aria”. È inoltre importante che non predominino le solite spiegazioni aeromeccaniche della pressione dell’aria esterna sulla superficie dell’acqua del secchio, ma che queste siano integrate da elementi qualitativi “indefiniti” (“infinito, mare d’aria, horror vacui….”). Questi, infatti, più che attirare lo sguardo sulla meccanica delle cose, sollecitano l’immedesimazione, l’entrare nelle cose; ciò è già di stimolo a una volontà di conoscenza e di imparare che nasce dall’interno e resta nel tempo. Piuttosto, oltre agli approfondimenti di tipo specialistico e a quelli puramente qualitativi, possono anche inserirsene alcuni di tipo pratico, quali la variazione della pressione atmosferica e gli influssi del tempo atmosferico, l’altitudine nei viaggi aerei, ecc..

Discussione metodologica

A. Utilizzo della notte

I vantaggi, in parte tratteggiati nell’esempio precedente, di una lezione suddivisa in due giorni si hanno solo quando si affrontano determinati argomenti in lezioni di materia articolate per epoche, cioè laddove si possono sfruttare i processi di maturazione che avvengono durante la notte. Come è possibile attivarli? Qualcosa è stato già illustrato sopra, e precisamente lavorando a lungo termine in modo non-informativo, ma mirato e sistematico, sull’argomento, con l’obiettivo di “dare una spinta di vita, non un trasporto di rappresentazioni”. Un tale impegno mostrerà i suoi frutti sia nella partecipazione, sia, più tardi, nel successo scolastico (una esperienza pratica ampliata). Che nel corso della notte, se giustamente impostati, avvengano processi di maturazione, è un fatto riconosciuto universalmente e oggi anche oggetto di ricerca scientifica. Il modello che abbiamo appena esemplificato dei tre passi in due giorni- che potremmo chiamare “Modello di apprendimento ad epoche in tre fasi in due giorni”- rappresenta un metodo facile da applicare, collaudato e geniale, indipendentemente da chi lo ha inventato.

Il nucleo è rappresentato dalla questione: come è possibile che l’allievo non solo ricavi un vantaggio dal punto di vista dei concetti e del comportamento, ma che, grazie ad ogni oggetto di apprendimento, egli compia anche un passo avanti con tutto il suo essere nel suo sviluppo individuale? Per questo l’oggetto dell’apprendimento deve essere qualcosa di più della somma di concetti trasmissibili e nozioni predefinite, deve essere qualcosa di più vicino alla vita, che ti porti verso la realtà, quindi anche di oscuro. In un primo tempo esso deve essere portato tramite concetti aperti, vicini alla vita e capaci di evocare sentimenti che circondino di calore chi li accoglie e diventino germi, che non lo lascino invece irrigidito nell’anima con qualcosa di già definito, concluso. Allo stesso tempo, i concetti “aperti” devono dare la possibilità di costruire in seguito su di essi in modo specialistico e condurre anche ad un lavoro scientifico. Come si arriva a questo risultato?

B. Il modo di procedere dell’insegnante e l’attività animica dell’allievo

1. Riguardo alla fase I sopra illustrata.

Il nostro esperimento non si limitava a trasmettere mere informazioni. Il suo scopo non era solo trasmettere materiale d’insegnamento bensì, inscenata dal maestro, di far parlare l’oscura realtà del mondo (questo concetto di realtà, in un primo tempo, deve restare aperto). In ogni caso il ragazzo deve in un primo tempo fissare dentro di sé le proprie sensazioni e trasformarle in rappresentazioni (“adesso prende questo, adesso fa quello….”) senza tuttavia afferrarle ancora in modo specialistico. A questo scopo in un primo tempo egli utilizza tutti i suoi ricordi e osservazioni soggettivi per poterli identificare in qualche modo come cose. Tutto ciò stanca, infatti le impressioni colpiscono l’allievo in modo informe e grezzo. Sia insegnante che allievo si mettono in gioco volentieri, entrambi coinvolti in quello che sta succedendo.

Rappresentando con enfasi l’esperimento, il maestro agisce sugli scolari sia in modo esteriore – concreto che animico (in altre materie potrebbe servirsi di immagini, racconti, musica, visite….). Egli crea provvisoriamente una configurazione. L’allievo ci si inserisce a sua volta. Per questo, guardando all’attività interiore dei ragazzi, si potrebbe definire questa prima fase come quella della volontà. Infatti, essi sono stati aiutati a percepire dai loro organi di senso corporei. Si sono adattati alla realtà circostante in modo interattivo – cosa che costruisce le basi della volontà attiva.

2. Riguardo alla fase II

A titolo informativo viene ripetuta la fase I. Ma dal punto di vista della realtà, non viene ripetuto nulla, tutto è diverso. Infatti si sviluppano forze animiche totalmente diverse. Così si muove l’uomo nella sua attività interiore: prima volere, adesso sentire. Le rappresentazioni dei ricordi, che nella prima fase sono state interiorizzate solo grazie alle forze individuali, ora nel processo di gruppo vengono messe in movimento, armonizzate, “consolidate”. Il sentire di ognuno viene condiviso ed un lieto senso di comunità fa superare la precedente situazione di isolamento del singolo, in cui egli era in balia degli eventi, loro prigioniero. Così quelli che, al primo impatto, apparivano come fatti slegati vengono ora inseriti in qualcosa di più grande. Le rappresentazioni della prima fase, ricavate qua e là dall’esterno, nella seconda fase riceveranno una vita animica tale da poter diventare terreno fertile per il nuovo di carattere spirituale che vi crescerà nella terza fase; anche se esteriormente in un primo tempo tutto ciò potrà sembrare soltanto un chiacchiericcio sull’esperimento. In ogni modo prende ora il via una ricerca di nessi, si presagiscono collegamenti. L’allievo ha addirittura l’impressione di avere prodotto qualcosa. A questo punto, per la prima volta, la lezione può interrompersi. 

3. Riguardo alla fase III

Il continuo fluire (avviato nella fase II) del vortice di osservazioni della fase I, ha fornito nello stesso tempo la necessaria piattaforma di ricordi perché la riflessione possa portare all’ancoraggio che ora ha inizio, permettendo di concepire delle idee. A questo fine redigere una relazione per iscritto, peraltro sempre nello stile della fase II, rappresenta un aiuto, come anche la naturale azione calmante e di maturazione che la notte ha portato. Il mattino seguente però, le rappresentazioni che sono state evocate pretendono ora di essere valutate, ampliate ed ordinate per mezzo dello spirito, ossia di un comune lavoro di pensiero della classe. Solo dopo che ciò è avvenuto, arriva il momento della necessaria sintesi da parte dell’insegnante. Ad esempio: perché questo argomento è importante? Cosa possiamo aggiungerci? A questo punto possiamo introdurre la storia della scoperta, gli apparecchi e gli strumenti di misurazione, le applicazioni tecniche, i problemi ambientali. Durante la spiegazione finale del maestro predomina ancora naturalmente la comunanza (simpatia). Mentre prima, nel momento delle domande e della ricerca prevalevano rigore e distanza, cioè l’antipatia.

C. Ampliamenti

È solo nella terza fase – la prima parte dell’ora doppia del secondo giorno – che dai cambiamenti individuali nell’assistere, nello sperimentare e nel fare, nasce la conoscenza comune. Il convenzionale “obiettivo della lezione” emerge solo il secondo giorno; ma in compenso ora si può raggiungere maggiormente ed andare più a fondo che il primo giorno, se tutto va come deve andare. Gli obiettivi conoscitivi diventano obiettivi educativi e si espandono sia nella sfera del mondo esterno che nelle forze della personalità.

D. Sintesi

Fase I

Attenzione percipiente,

attiva in tutti gli organi di senso –

si subisce il mondo con la corporeità

Assalto dei particolari esterni –

Si sollecita la VOLONTA’

Fase II

Si sentono le caratteristiche delle rappresentazioni –

prendere e dare

Gioco dei moti dell’animo e dei giudizi, SENTIMENTO E ANIMO fluttuano

Fase III

Fare a pezzi in modo accanito,

rimettere insieme e ampliare – movimento di pensiero

Avvicinarsi spiritualmente alle forze del mondo,

il PENSIERO diviene creatore

La fase II lavora sulla memoria a breve termine, il “mulino delle idee” della fase III invece sulla memoria a lungo termine. Se si lascia che quest’ultima contempli l’essenziale dell’uomo e del mondo, la conoscenza diventerà formazione. Allora un simile percorso a tre fasi porta lo studente ad impegnarsi personalmente nel suo mondo, diventa un esercizio di futura libertà. E questo significa non lasciarsi coinvolgere da cose allettanti, ma invece riempire dall’azione che viene dalla conoscenza. Una meta molto alta, ma così lontano può arrivare l’azione di una lezione.

L’operare in tre fasi abbraccia l’intero uomo in divenire: corpo, anima e spirito. E nell’anima: pensiero, sentimento, e volontà (R. Steiner ).; ma sempre tutto allo stesso tempo, solo messo insieme in modo diverso. Precisamente così si dovrebbe agire. – Non ci si dovrebbe concentrare solo sui concetti e sulla logica. Abbiamo detto sopra (paragrafo A di questo capitolo): dal trasferimento di rappresentazioni al passo di vita, cioè dall’insegnamento astratto al divenire umano; trasformazione invece di informazione. Non inizia così la pedagogia?